Recensione libro di Beppe Fenoglio -Ventitré giorni della città di Alba

Il libro di Beppe Fenoglio tratta le vicende della Resistenza Partigiana contro i nazifascisti. L’autore lo fa con uno stile medio basso, in chiave cruda e reale nonché drammatica, onde si comprendono le vere abitudini e i comportamenti dei partigiani. Dunque, qui vi illustro le mie interpretazioni alla raccolta:

1. Ventitrè giorni della città di Alba

In questo racconto, Beppe Fenoglio ci racconta ciò che successe per pochi giorni alla città di Alba, in Piemonte.
All’inizio in mano ai Repubblicani di Salò, venne catturata dai partigiani con un numero ingente di uomini e donne. Essi si lasciarono andare ai vizi ma erano ancora insoddisfatti, insicuri giacché non riuscirono a dormire le 8 notti dopo la conquista temendo il ritorno dei Repubblicani. Successivamente i partigiani si adagiarono e sottovalutarono il nemico il quale li attaccò e riconquistò la città con facilità e in poco tempo. Questo dimostra come l’abbassarsi dell’attenzione, la falsa convinzione porta al fallimento laddove non vi è un proficuo e continuativo miglioramento.
Non bisogna mai abbassare la guardia, ma essere sempre vigili e attenti alle insidie del mondo, altrimenti si fallisce e si perde tutto, come i partigiani con pochi uomini la città di Alba, il 2 novembre 1944.

2. Andata

Nel racconto ci viene raccontata la spregiudicatezza e l’incoscienza ma anche la tragedia partigiana: giovani adolescenti senza timore giungono alle porte del nemico e incoscientemente tendono un agguato rapendo un sergente.
Dopodiché ritornano indietro con il prigioniero ma al sentire del suono della cavalleria (di cui erano stati avvertiti prima ma non diedero ascolto), il sergente tentò di fuggire dalle loro grinfie, ma venne immediatamente fucilato dai giovani adolescenti partigiani. Ciò, attirò però la cavalleria repubblicana che li trovò e li fece fuori tutti. Quindi, l’inesperienza, la spregiudicatezza e l’incoscienza portano alla morte laddove non vi è un calcolo ponderato del rischio di pericolo.

3. Il trucco

Qui ci viene raccontato come i partigiani inflessibili devono fucilare un prigioniero ma senza destare sospetto. Coprono i loro crimini con menzogne, esattamente come le persone coprono dei fatti con altre cose..tutto ciò a proprio vantaggio.
Ma dove vi è l’interesse dell’altro, costui cercherà in tutti i modi di approfittarne e far sua la vittima.
Uno dei partigiani era consapevole del trucco, ossia che il reale esecutore sarebbe stato un altro rispetto a quello che si dissero, ciò per non destare sospetti e incriminare qualcuno di loro.
La falsità è parte in generale della società di adesso, come prima era strategica in guerra.

4. Gli inizi del partigiano Raoul

In questo racconto, Fenoglio ci narra la storia di un giovane studente che decise di arruolarsi per essere insieme a qualcuno e non in solitudine. Scelse di arruolarsi tra i partigiani, vicino a dove viveva, presso un ufficiale venerato. Costui invece era spregevole, non si curava di nessuno e se la faceva con una baldracca. I partigiani erano insensibili, spietati e subdoli, agivano solamente per i loro piaceri o per denaro.
Raoul provò risentimento per aver abbandonato la madre solamente per farsi un proprio nome, per costruirsi una sua identità che secondo lui se non si fosse arruolato non ne avrebbe avuto la possibilità. Era inquieto e gli balenò l’idea di tornare a casa, ma la paura della solitudine lo frenò e perciò passò le notti inquieto. Questo racconto simboleggia l’uomo insicuro, che si lascia rapire dalle angosce e dalle ansie, un uomo che non sta bene con sè stesso e cerca appoggio in qualcun altro sentendosi apparentemente subito forte. In realtà di fronte al pericolo è un uomo debole, fragile e solo trovando la propria strada ne può uscire, appoggiandosi su sè stesso e non sugli altri 

5. Il vecchio Blister

Il racconto tratta di un anziano partigiano che ubriaco ha rubato e compiuto efferatezze. I giovani adolescenti partigiani vogliono punirlo per ciò che ha fatto e dopo averlo picchiato lo portano in un posto dove fucilarlo. Il vecchio consapevole di essere stato un punto di riferimento, li schernisce e pensa sia una messinscena. In realtà alcuni partigiani non volevano ammazzarlo, altri sì invece.
Alla fine si scopre che il vecchio Blister in realtà è Marco che veneravano i partigiani nel racconto precedente e che volevano farlo fuori usando come scusa il comportamento nefasto liberandosi del loro scomodo capo.
Il partigiano che lo fucila è Set ossia Raoul che ha il suo riscatto dopo le angherie subite.
Il racconto simboleggia l’egoismo umano dove l’uomo pur di raggiungere un obiettivo è disposto a tutto, a schernire, denigrare e ammazzare l’altro.
Inoltre vi è anche la libertà da raggiungere anche con metodi brutali laddove si usino pure scuse a proprio vantaggio per ottenerne benefici.
Ciò fece Marco ossia Blister, ora invece gli altri giovani, da Morris a Set.

6. Un altro muro

In questo racconto ci viene raccontata la disperazione di un giovane partigiano fatto prigioniero che cerca di opporsi alla prigionia e una volta che è in cella cerca di opporsi alla morte per fucilazione. La prigione lo fa diventare pazzo, in generale la guerra rende dei folli e lui lo diventa cercando fino all’ultimo di sottrarsi alla sua morte. Fa conoscenza con un altro compagno di cella che invece è consapevole della reale situazione in cui si trovano e non ripone speranze di vita. Alla fine grazie alla chiesa e a dei partigiani vennero graziati con uno scambio di prigionieri.
Questo racconto simboleggia la crudeltà della guerra, la prigionia, una guerra che dilania la mente e ci rende inermi di fronte alla violenza dell’uomo e solo affidandoci a qualcosa come la fede ne usciamo. In verità l’uomo è un oggetto soggiogato da altri uomini, ognuno tende a prevaricare l’altro in una forma piramidale e gerarchica.

7. Ettore va al lavoro

In una famiglia allo sbando, in un ambiente trasandato, Ettore sfoga la sua insoddisfazione e la sua frustrazione sulla madre volendo fare una vita che non gli appartiene, che non può permettersi. Incolpa la madre dei suoi insuccessi, è un fallito. Rifiuta il posto di lavoro, la condizione di operaio, preferendo posti apparentemente più ambiziosi. Vuole essere ciò che non è.
È disposto a tutto pur di raggiungere tale obiettivo, di avere soldi e potere. È disposto ad avere legami con la criminalità e ad uccidere la madre pur di ottenere soldi, potere e libertà. E lo farà.

8. Quell’antica ragazza

Il racconto tratta la breve storia di una ragazza, Argentina, che si concede a tutti sperando con i suoi servizi sessuali di essere considerata e apprezzata. Ma ciò risultò vano: gli uomini infatti le voltano le spalle fregandosene di ciò che lei ha fatto per loro.

9. L’acqua verde

Nel racconto un giovane decide di evadere dalla città cercando la pace dei sensi. Sceglie, pur non sapendo nuotare, di guadare il fiume onde trovare la morte e lasciare al di là le ingiustizie del mondo ed essere in pace con sè stesso.

10. Nove lune

Ci viene raccontato l’evento inaspettato di una giovane coppia: il concepimento prima del matrimonio. Ciò può avvenire e lascia spaventati i giovani che non l’avevano previsto sia per le responsabilità che gravano su un nascituro sia per le reazioni dei genitori della ragazza. La paura accomuna i due giovani incoscienti i quali vedono le stelle: la forza bruta li punisce ma alla fine vince l’amore.
Qui vi sono la spregiudicatezza e l’incoscienza della gioventù alla quale le maniere forti sorgono come temporaneo rimedio. La figura del padre del ragazzo è vista come un uomo debole, succube del figlio, che non ha saputo insegnare le buone maniere e che ancora lo difende.
Abbiamo dall’altra parte la rabbia della famiglia della giovane incinta che si sfoga con il ragazzo il quale è vittima degli errori dei suoi genitori i quali sono stati fin troppo benevoli.

11. Pioggia e la sposa

Qui ci viene raccontato il percorso di una famiglia ,tra cui vi era un prete, recarsi a casa di una sposa per celebrare le nozze.
Ci viene raccontata l’ipocrisia cristiana-cattolica dove il prete non è assolutamente credente costrettovisi dalla madre a scegliere tale strada essendo lei cattolica praticante. Viene messa in risalto la fede in Dio come una convinzione personale, ma non come una verità assoluta. La fede è a discrezione di ognuno e inoltre ci viene rappresentato il potere decaduto della chiesa laddove un prete si presta a un bambino lasciandosi irrorare il capo di acqua piovana. Ciò è certamente privo di dignità per un componente del clero, perciò vi è una contraddizione di fondo tra l’etica e la morale cristiana atte al perdono, alla carità e alla solidarietà e invece la sete di potere che la Chiesa persegue. Il prete non sarà più tale venuto meno il suo reale apporto alla causa clericale e la madre si vergognò per questo disonore essendo la Chiesa un’istituzione potente e importante. 

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