Alla fine ho deciso di pubblicare sul blog un mio racconto inedito ambientato a Lido delle Nazioni (FE).
Amore al mare
Chiara, asserragliata da una schiera di voraci ragazzi, danzava lungo il mare schietta e leggera e cantava labili parole al leggiadro soffio del vento che si mesceva con l’avanzare intrepido del mare. La sua chioma, ben arricciata con punte dorate, si muoveva leggera ignara della sua forza di fanciulla meravigliosa, che al solo sguardo faceva battere il cuore di chiunque. Così, quella sera, si fece avanti uno di loro: aveva il viso pallido, capelli corti e brizzolati, guance arrossate e una sicurezza in sé non indifferente. Lo chiamavano “il mangiaamore”. La sera trascorse tra danze e rombanti voci stonate che sibilavano nel gremito affluire della folla. Il ragazzo si presentò con il drink in mano, pieno di boria e ostentava quella sicurezza che a Chiara mancava. Ella si voltò verso di lui e lo guardò: i loro occhi parlavano e in quel momento sfavillarono mentre le stelle colavano dal cielo; il cuore di lui si agitava per la libidine, quello di lei per un amore surreale tanto aspirato, ma mai raggiunto. Confabularono un poco e poi si lanciarono a piedi nudi nelle acque scure del mare pacato, allontanandosi dalle voci della folla. Il suono delle correnti era impetuoso come la musica possente e le luci dei locali schiarivano la riviera in tutta la sua magnificenza. Un immutato cielo, si illuminava al fuoco della passione che albeggiava nei due giovani appena innamorati. I due si mescolavano nell’ immensità del mare s’immersero nell’acqua: fu un bagno che galvanizzò i loro cuori e lavò i capelli pieni di gel di lui e quelli profumati di lei che ora odoravano di salsedine. Si avvinghiarono e si baciarono: uno di quei baci d’estate: passionale, ma anche il preludio di una relazione intensa e breve come le vacanze dei lavoratori. Essi correvano mano nella mano a riva gioiosi di amore. Fu tutto così fulmineo, veloce ed effimero come le parole di un solitario al soffio del vento. Si diressero verso i teli distesi sulla sabbia osservando il cielo allegro come il loro amore sospinto dall’età della giovinezza, dalla gioia infiorata di un notturno canto illuminato dalla luna. Ora, s’indicavano le stelle e l’uno diceva all’altro:” Quella lì potresti essere te” e ridevano allegramente. Continuarono così per una ventina di minuti fino a quando il buio si apprestò ad arrivare e la luna si mostrava con il suo corpo rotondo dai getti di luce che illuminavano e coloravano il cielo. Delle voci chiamarono i due ragazzi ormai innamorati: erano i loro amici che con invidia e rassegnazione, insistettero affinché i due si alzassero. Ma nulla da fare. Il loro amore era pressoché infinito, varcava i campi e gli oceani e raggiungeva la fine del mondo. Vagarono nell’immaginazione dei loro cuori indisturbati finché sopraggiunse la notte profonda e la gente usciva lentamente dai locali. Le luci si spensero. Rimasero soli, nel buio della notte, avvinghiati. Ad un tratto, la luce di una torcia li illuminò: era il custode della spiaggia che li indusse a sloggiare. Così, bagnati fradici e mano nella mano, si alzarono avvolti dai teli e con le ciabatte infradito, uscirono dalla spiaggia abbracciando la strada che portava al centro della cittadina costiera. Il lungo viale alberato e i lampioni costeggiavano la loro avanzata trionfale verso le loro rispettive case e dopo continui baci si separarono: si diedero appuntamento l’indomani davanti al locale e tornarono nelle loro dimore. Rientrati, non dormirono: la passione aveva coperto il sonno e raggiunsero l’alba colmi di magia. Si ritrovarono al primo mattino, lì, in quell’angolo di strada che li separava dal resto del mondo. Così, s’incamminarono verso la spiaggia colpita dal sole. L’amore era forte che gli si arrossivano le guance e si tolsero i rispettivi vestiti tranne il costume; si spalmarono la crema solare e alzarono lo sguardo verso il sole pieno di sé, proprio come Giacomo. E stettero zitti fino al rifiorire divampante del sole ai danni dell’ormai lontana luna, sepolta da un strato di vigore compassionevole verso quei due cuori innamorati, un ricordo di una miscela di calore infiorito ai tempi dei cuori colpiti dalle frecce di Eros. Stettero in silenzio per una mezz’ora finché non decisero di alzarsi per andare a bagnarsi i piedi. La sabbia era tiepida, infilarono i piedi nell’acqua che vennero presto rinfrescati dall’avanzare lento, ma continuo dell’ondulata corrente. Essi, se ne stettero in piedi per qualche minuto ad osservare il panorama mozzafiato che si distendeva all’orizzonte: motoscafi che sfrecciavano spavaldi, scogliere che separavano i flutti delle onde incantando la costa, supplichevole di poesie e di dipinti emozionanti. Il vampare tenue del sole era diventato sempre più forte e trafiggeva l’aere colorando le pelli, arrossando il pallore di Giacomo dai piedi infreddoliti a dispetto del cuore bollente. Ad un tratto, egli scorse un gabbiano che spiccava il volo dagli scogli per adescare qualche pesce in mare, nella bassa marea dove l’acqua traspariva limpida e cristallina. Così, indicò a Chiara l’agile uccello che sorvolava le onde ed ella lo vide con occhi meravigliati; la sua fanciullezza si scosse e il suo desiderio era quello di riuscire a volare come quell’uccello bianco, suadente e leggero, che si muoveva fra le onde, leggiadro come il soffio del vento. Giacomo, guardò Chiara e si percepì un attimo di pentimento: sotto il suo cuore si nascondeva un altro amore, per una ragazza che aveva conosciuto al lido, Francesca. Ella, dagli occhi castani e dai capelli neri, era rimasta affascinata dal suo aspetto e lo attendeva tra i suoi teli invano. Il cuore di Giacomo era, sì passionale, ma spaziava tra i cuori rubandoli agli altri. Ma Chiara era una ingenua fanciulla dagli occhi chiari lontana dal comprendere ciò che si celava in lui, perciò lo abbracciò e lo baciò. Fu un bacio passionale ed intenso, così voluttuoso da far scuotere gli anziani che dormivano beatamente rinfrescati dalla brezza marina. L’odore di salsedine empiva la zona e i flutti della spuma di mare danzavano tra gli scogli mentre la musica del bar iniziava a trasalire: era iniziata la movida del caldo giorno d’estate: via! Ecco il battaglio scuoteva l’inizio del nuovo giorno, adescando genti in attesa del loro divertimento e strappandoli dalla loro quiete, nei pressi del mare. Giusto qualche sparuto uccello poteva intorpidirsi sulla riviera, tra muscose alghe che danzavano nei fondali e pesci arzilli; Giacomo si muoveva insicuro nella sua posizione di traditore. Aveva tradito due cuori, quello di Francesca, ignara e quello di Chiara, inconsapevole. Ora si poneva davanti a lui il bivio: fingere come un attore teatrale, con sguardi sornioni o farla finita interrompendo il dilemma perdendo per sempre il corpo di Chiara e la sua verginità. Scelse di continuare nella sua falsa recitazione come se giocasse a dadi o a carte. Decise di giocare una combinazione di tris di sette, giusto per prendere qualche punto. Ma Chiara rispose con un tris d’assi, cuori, quadri e fiori. Allora Giacomo, le sussurrò all’orecchio: «Sei bellissima ma tanto ingenua..»
Chiara non sentì. Offuscata dall’amore si contorse nelle braccia di lui e lo baciò nuovamente. La voce di Giacomo, dapprima sicura e fiera di sé, si alleggeriva e tremava al passo del tempo che incombeva su quella sua storia. Sulle sue tracce vigeva l’investigazione del cuore di Francesca che, solitaria come un’oasi nel deserto, si chiedeva continuamente dove fosse quella figura scomparsa all’improvviso. Francesca e Giacomo si erano conosciuti sempre lì, al lido, dove lei giocava a beach volley e un giorno si trovò in squadra con Giacomo; dopo ammiccanti sguardi, i due diventarono determinanti per la vittoria dei match e si comprendevano l’uno con l’altro, strinsero un legame di amicizia che li portò all’amore. Fu tutto graduale e lei, gioviale e sorridente, ora era rattristata e rabbuiata mentre Giacomo diventava sempre più vulnerabile. Egli, infatti continuava a stare con Chiara fingendo sulle sue trame amorose fitte come un groviglio di rami intrecciati.Una sera si recarono al lago dove la brezza del mare li avvolgeva incanutendo il tempo come un fiordaliso nascosto che esalava il suo odore, essi si sedettero ad un tavolo di fronte al lago ove le barche a vela prendevano il largo. Giacomo ruppe il ghiaccio:
«Ti piacciono le vele?»
«Sì, sono affascinanti»
«Che ne dici se proviamo ad andare in una?»
Chiara rise: la spregiudicatezza di Giacomo l’affascinava ancor di più della barca a vela la quale s’allungava come una sirena per il lago ove i cipressi si specchiavano.
«Sarà per un’altra volta» e si toccò i capelli.
Il lago immutabile si stagliava come una pietra scagliata nei fondali, Chiara rossa paonazza si chiese che avrebbe fatto il suo principe ora che lei aveva rifiutato l’offerta.
Giacomo non si scompose; stava fermo a fissare le barche a vela e richiese ad ella:
«Dolcezza, davvero non vuoi?»
Chiara scosse la testa. Giacomo si alzò e andò al bar ad ordinare un drink, chiese uno spritz per lui e per lei per rassicurarle il morale.
Lei ringraziò Giacomo il quale era pieno di pensieri. Fino a quando le sue trame amorose sarebbero state celate ai pensieri di Chiara?
Francesca stava intanto andando con i suoi amici anche lei al lago per un aperitivo e il suo amante era lì ma lei non lo sapeva. Lei, dalla chioma mora e il corpo snello, si sentiva una vera vip sicura del suo amore ch’ella pensava corrisposto con Giacomo. Al lago la musica continuava assordante attraverso potenti casse e la gente si assembrava presso il bar, Giacomo continuava a confabulare con Chiara mentre il tramonto stava ormai scendendo per lasciare spazio al blu notte; Francesca sopraggiunse con i suoi amici e vide molta gente accalcata e pensò fosse l’occasione giusta per farsi notare. Ordinò un drink, della sambuca e decise di fare un giretto attorno al lago. Intravide le panchine sopra le quali stavano gli innamorati e in una di queste vide Giacomo che si baciava con Chiara.
Andò su tutte le furie ed urlò:
«Marrano! Infedele!»
Scagliò la borsetta che teneva al braccio contro Giacomo poi la riprese e tirò i bei capelli di Chiara alcuni dei quali caddero tra le mani e le urlò:
«Tu! Come ti permetti!»
Chiara scioccata cercava di dimenarsi ma il suo viso incredulo già versava lacrime e non riusciva a muoversi rimanendo immobile facendosi distruggere la chioma dalla furia di Francesca che non mollava la presa. Giacomo intanto rimaneva immobile ed osservava la scena ben sapendo che presto a lui sarebbero toccati i più altisonanti insulti e la gente osservava stupita quelle giovincelle che litigavano per un solo giovane. Chiara cadde a terra con le ginocchia sull’asfalto e guardava l’acqua scura del lago estendersi mentre le barche a vela più solitarie erano parcheggiate al moletto della distesa blu. Francesca lasciava la presa dei capelli di Chiara e si diresse verso Giacomo:
«E tu traditore? Non provi dei sensi di colpa eh? Vergognati!»
Francesca poi gli assestò due e tre schiaffi e s’avventò contro le robuste spalle di Giacomo il quale si contrasse rimanendo fermo a subire consapevole di essere nel torto.
La furiosa Francesca poi si calmò emettendo un ultimo “grr” e tornò al bar dai suoi amici per iniziare finalmente la serata.
A terra rimase Chiara che il peso della delusione le impediva di alzarsi poi in un impeto di orgoglio, raccolse le sue cose e s’incamminò senza mai girarsi indietro.