Pola, capoluogo dell’istria, fu sempre stata promessa all’Italia dagli anglosassoni dopo i due conflitti bellici. Difatti sia la linea Wilson al trattato di Versailles del 1919 sia le linee proposte al trattato di pace del 1947, prevedevano la città di Pola all’interno dei confini italiani. E difatti ha tutto per esserlo a pieno titolo: romana, veneziana, asburgica e abitata un tempo da molti italiani tant’è che ancora oggi lì si parla la nostra lingua. Possiede un anfiteatro come Roma e Verona oltre che vari monumenti di epoca romana, edifici veneziani ed asburgici con varie fortificazioni di pregio che sostituiscono l’irredentismo verso Fiume e le città dalmate come Zara, Sebenico e Spalato. Se non altro qualcosa la Jugoslavia avrebbe dovuto ottenere, ma non Pola. La città istriana ha visto il sangue scorrere per il suo mare nell’attentato di Vergarolla a lungo dimenticato, si preparava ad insorgere contro gli Jugoslavi ed ha sofferto la tirannia di Tito e le speculazioni slave. Da ammettere che l’odierna Croazia non è una superpotenza culturale come l’Italia, difatti i suoi musei cittadini sono poca roba e ne risente anche il turismo istriano, che si sorregge sugli antichi fasti, senza reali fondi per finanziare progetti costruttivi. Si chiede di risolvere la questione istriana e se possibile riunificare l’Istria o comunque buona parte inclusa la città di Pola all’Italia per porre fine alle sofferenze degli esuli e dei discendenti giuliano-fiumano-dalmati che nel capoluogo dell’istria potranno trovare una nuova rinascita.