LA STRADA CHE VA IN CITTÀ
Natalia, giovane ragazza ebrea, viveva a Torino in una famiglia numerosa. Ella non disponeva di notevoli risorse economiche e aveva una sorella più grande che si era sposata. Natalia voleva, come la sorella, sposarsi a 17 anni e andava a divertirsi con un compagno. Il padre autoritario la malmenò quando l’ebbe saputo, segno che i diritti dei minori e delle donne erano ancora scarsamente considerati. Seppe anche che il suo compagno Giulio aveva una fidanzata e ciò la demoralizzò ma volle riscattare questa delusione con il lavoro. Un pretendente si fa avanti: chiamato “il Nini”, egli è innamorato di Natalia e si vedono insieme ma lei scopre di essere incinta di un altro. Si sposa con Giulio e nascono i primi screzi giacché ella non vuole vivere con la madre come vuole lui. Intanto il Nini muore e Natalia si sente in colpa per non averlo mai veramente voluto, si pente del fatto che sia stata con Giulio dalle scortesi maniere e che non l’amava come il Nini, gentile e premuroso. Questo romanzo è una riflessione sul fatto che le ragazze preferiscono l’uomo cattivo e scortese, che le tratta come stracci non accorgendosi del vero amore, del fatto che i bravi ragazzi vengono rifiutati tant’è che se ne pentono più tardi, in questo caso al momento della morte del pretendente. Ciò fa capire come le violenze nei confronti delle ragazze sono dovute a scelte sbagliate di compagni, preferire il bad boy a bravi ragazzi può costare la vita