Per me essere un poeta significa esternare le mie emozioni, i sentimenti e le esperienze. Le memorie vengono racchiuse in versi che celano un animo profondo che s’impernia nel più districato dolore dell’esistenza. Una vita fatta di sofferenze dove si è in bilico tra solitudine e stare in mezzo agli altri; fin da piccolo ogni volta che andavo a una festa ero triste, una malinconia che con l’avanzare degli anni si è tramutata in poesia. La poesia fatta di parola ricercate, di getto saltano fuori dalla mia mente raffinata, i miei versi intrisi di eleganza si rifanno ai poeti dei secoli scorsi, incastonati in un rifiuto verso la poesia contemporanea. Specialmente quella poetica fatta di termini gergali o colloquiali che disonorano la nostra lingua anche se ciò potrebbe apporre significative vendite. Difatti la società frenetica e consumista del giorno d’oggi, affettata da anglicismi sempre più frequenti, disfa il linguaggio di noi poeti che si conformano ad essa. La poesia sta morendo, ma rimane una leggera fiamma, perché il globalismo ma ancor più i mass media, internet ed i social network la stanno disintegrando. E dai frammenti poetici dobbiamo trarre spunto per dare vigore a una nuova poesia che riprenda i canoni dei secoli scorsi. Quello che sto facendo io a differenza di molti poeti contemporanei. E ne sono orgoglioso.
Bravo Alberto!