Premesso che la letteratura russa mi ha sempre affascinato. La cultura russa ha prodotto maestri della letteratura e dell’arte in generale che vanno distinte dalla politica imperialista che attualmente la Russia sta mettendo in atto. Ho letto qualcosa tra cui questo testo di Gogol di cui ho scritto la mia recensione.
“Il Cappotto” di Gogol è una storia incentrata sulla figura di Akakii Akakievic, un impiegato che viveva a San Pietroburgo. Egli, povero, possedeva un cappotto a cui teneva molto che un giorno dovette far mettere a posto da un sarto, il quale chiese cifre esagerate per aggiustarlo. Dunque, la cupidigia prevalse, ma dopo suppliche estenuanti Akakii Akakievic riuscì con pochi soldi ad ottenere un cappotto nuovo di cui era orgoglioso e felice. Ora, in un mondo consumista e materialista le piccole cose possono sembrare banali, ma di fronte al freddo russo e all’indigenza anche un cappotto nuovo può essere un bellissimo dono. Akakii Akakievic si recò in un ufficio con il cappotto nuovo, ma terminato il lavoro non lo trovó più. Dunque era terrorizzato dall’idea di averlo perso e si recò dappertutto per riavere indietro il suo indumento. Si recò dal generale il quale con supponenza lo redarguì a tal punto che al povero Akakii Akakievic gli venne un colpo al cuore, una malattia mortale che lo portò alla morte. Il bullismo dei generali verso i cittadini era noto nella Russia imperiale dove proprio egli aveva preso il cappotto. Il fantasma di A. Akakievic si aggirò per San Pietroburgo alla ricerca del suo cappotto e si vendicò sul generale tant’è che egli fu colto alla sprovvista durante il viaggio da un’amante a cavallo e rimase terrorizzato dalla vendetta che il fantasma di Akakievic gli tese. Dunque questo racconto è una metafora dell’uomo debole e fragile che grazie a qualcosa sia un libro o un cappotto riesce a costruirsi un’identità che viene sopraffatta dal più forte in modo capestre cui si cercò di rimediare con lo stratagemma dello spirito (il fantasma) vendicativo che non è altro che la coscienza del generale il quale si pentì in fondo di aver ottenuto qualcosa di prezioso a un povero impiegato.