L’Italia allo scoppio della Prima Guerra Mondiale rimase neutrale e l’opinione politica era divisa tra pacifisti e interventisti. I primi, come Giolitti, ritenevano che anche senza entrare in guerra l’Italia avrebbe potuto ottenere qualcosa in cambio della neutralità, gli interventisti come D’Annunzio ritenevano che bisognava liberare le terre straniere abitate da italiani. Le cosiddette terre irredente erano il Trentino, Nizza, la Corsica, Malta, l’istria, Fiume e la Dalmazia. L’Italia che sul finire dell’800 aveva stretto la Triplice Alleanza con Austria e Germania, stipulò durante lo svolgersi della Grande Guerra il Patto di Londra con Francia e Regno Unito che prevedeva in caso di vittoria l’annessione del Trentino, del SudTirolo (l’Alto Adige), dell’Istria e della Dalmazia come indicato nella mappa postata a discapito dell’Austria. L’Italia entrò così in guerra nel 1915 contro l’Austria e nel 1918 vinse portando alla dissoluzione l’impero Austro-Ungarico. Durante le trattative di pace successive il nostro paese si vide negata la Dalmazia e perciò decise di abbandonare il tavolo di pace. Ciò, considerati i numerosi morti e mutilati occorsi in guerra, portò l’opinione pubblica a parlare di vittoria mutilata termine coniato dal poeta interventista Gabriele D’annunzio il quale compì l’impresa su Fiume. Fiume era abitata da una maggioranza d’italiani e nonostante non fosse propriamente una terra promessa dal Patto di Londra richiedeva l’annessione all’Italia. Il governo, indebolito a causa della guerra e da un’opinione pubblica scontenta, legittimò i fasci di combattimento guidati da Mussolini il quale prendendo spunto dall’impresa dannunziana su Fiume nel 1922 compì la marcia su Roma e il Re Vittorio Emanuele III temendo che i comunisti prendessero il potere incaricó Mussolini di formare il governo. Iniziò il ventennio fascista.