Il padiglione del porto vecchio di Trieste era ciò che rimaneva di ciò che possedevano gli istriani e Giuliano-dalmati in fuga dalle terre passate alla Jugoslavia che nessuno ha reclamato.
Vennero dimenticati numerosi affetti personali mai rivendicati, abbandonati da chi non aveva più una casa o emigrati.
Alcuni esuli istriani furono ospitati nella risiera di San Sabba, ma ci furono tre distinte fasi.
La prima fu quella della violenza e della paura dove ci furono vittime dei partigiani titini che dal ’43 al ’45 facevano prigionieri italiani: portati nei campi di concentramento e giustiziati in campagna oppure gettati nelle foibe.
Alla violenza e al terrore seguì l’esodo che durò dal 1943 fino al 1954.
Poi gli esuli vissero nei campi profughi in Italia o in Australia o in altri paesi, un esodo di trecento mila persone. Ci furono casi di suicidio e vittime di alcolismo, una fase fatta di umiliazioni e silenzi: una tragedia che colpì gli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia che si rifà nei confronti dei negazionisti di estrema sinistra e verso l’estrema destra atta a strumentalizzare questo tema. Un dramma che nonostante l’istituzione del Giorno del Ricordo nel 2004 stenta ancora ad essere considerato. Vennero presi di mira in Venezia Giulia, a Fiume e a Zara tutti i nemici della rivoluzione socialista, anche antifascisti.
Il progetto titino aveva radici nazionaliste e consisteva nell’eliminare chiunque si opponeva alle direttive del partito comunista.
Non era solo una reazione al fascismo, ma anche una vera e propria pulizia etnica.
Ci fu un caso di un esule che da bambino assistette al rapimento del padre e di altri sette famigliari compreso lo zio prete ritrovato in una foiba.
Ci fu la strage di Vergarolla che avvenne nel 1946 dopo il referendum che aveva sancito la Vittoria della repubblica e prima del trattato di pace del 1947 e del passaggio dell’Istria, di Fiume e Zara alla Jugoslavia. Morirono 110 persone nella spiaggia di Pola dove a una gara di nuoto donne, uomini e bambini vennero travolti da un’esplosione di nove tonnellate di tritolo. Si trattò di un attentato dell’Ozna, la polizia segreta Jugoslava e da lì cominciò l’esodo dei polesani.